Nell’imminenza dell’ennesima modifica a Twitter (limite di pubblicazione da 140 a 10.000 caratteri) e nel progressivo ed inarrestabile incedere di Facebook mi soffermo su un articolo del CEO di Medium Ev Williams sulla piattaforma Medium .
That’s why I say Medium is not a publishing tool. It’s a network. A network of ideas that build off each other. And people.
And people.
Ecco, l’importanza dello strumento è limitata: contano le idee e le persone. Improvvisamente capisco il fastidio di questi ultimi tempi, in cui ho l’impressione di stare dentro un recinto a pascolare deciso dal pastore, mangiare quando e quello che vuole lui ed in fondo lasciarlo essere praticamente il padrone della mia esistenza digitale.
Certo, all’apparenza siamo liberi di scrivere quello che vogliamo, interagire con chi vogliamo, andarcene perfino.
Ma ogni volta che lo strumento viene modificato noi dobbiamo modificare il nostro modo di interagire spesso in direzioni che neanche apprezziamo.
La differenza la fanno le persone, quindi è auspicabile usare piattaforme che permettano la semplice esposizione, creazione, condivisione e discussione di idee e non solo il loro semplicistico apprezzamento con simboli e regole elementari.
Semplice non significa necessariamente stupido, certo.
Ma la massificazione della rete a me spaventa. L’apparente democraticità degli strumenti social porta a poter esprimere la propria opinione ma contestualmente porta i meno accorti a credere a qualunque cosa. Certo, le “sentinelle esperte” educano alla coscienza critica ma numericamente è molto maggiore la massa sprovveduta e spesso la battaglia è impari.
Il rischio è di poter muovere un’opinione pubblica cresciuta in un ambiente ed educata a un sempre più presente linguaggio elementare di condivisione, commento e apprezzamento rispetto alla creazione di contenuti complessi e ragionati che, per inciso, non legge più quasi nessuno.
D’altronde questi sistemi social sono creati per essere prodotto commerciale e hanno bisogno di consumatori semplici e fedeli.
Ecco, in questo contesto e in un mondo in cui nascono progetti open e diffusi sarebbe interessante ipotizzare l’avvento di un social network orizzontale, peer to peer, senza server centrale, dati personali protetti e comunicazioni crittografate. Social dove la condivisione avviene da server casalinghi o da terminale personale, dove si ha il controllo totale e la proprietà dei propri contenuti, dove le persone e le idee ritornano ad essere veicolate da persona a persona senza intermediari.
Perché forse, senza un pastore, le pecore inizierebbero ad apprezzare davvero le idee e non a metterci solamente un distratto like.